"Qualcuno di noi" di Pietro Grossi e "La torre d'avorio" di Paola Barbato
Il cacciatore di libri - En podcast av Radio 24
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Un romanzo denso, denso di accadimenti e di personaggi, ma anche denso di riflessioni sul sé, sul male, le ombre e la scrittura. Un romanzo denso a partire dalla voce narrante che usa la prima persona plurale, il noi, che contiene una moltitudine. Parliamo di "Qualcuno di noi" di Pietro Grossi (Mondadori). Lo scrittore gioca con la sua biografia e le sue memorie consegnando al lettore il racconto di una vita fatta di estremi (le droghe), di attrazione per la violenza e per le ombre, una vita fatta anche di menzogne, di immaginazione e di amore per la scrittura. Già a nove anni il protagonista racconta bugie e bullizza i compagni. Da ragazzo aggredisce un coetaneo colpendolo alla testa con un lucchetto, un episodio destinato a segnare tutta la sua vita. Un libro in cui l'autore mette a nudo le luci e le ombre, le tante ombre, della sua vita che diventa romanzo. Nella seconda parte parliamo del thriller psicologico "La torre d'avorio" (Neri Pozza) di Paola Barbato. Al centro c'è Mara, affetta dalla "sindrome di Münchausen per procura", un disturbo che spinge un soggetto a provocare danni fisici a persone alle quali vuole bene, soprattutto i figli, per ricevere dagli altri compassione. La donna ha passato tredici anni in una Rems, quelli che un tempo venivano chiamati ospedali psichiatrici giudiziari: aveva avvelenato con la digitossina il marito e i due figli piccoli, tutti miracolosamente sopravvissuti. Da alcuni anni la donna vive in un appartamento pieno di scatole (la torre d'avorio) dal quale esce il meno possibile. Tutto cambia quando scopre che l'uomo che abita nell'appartamento sopra al suo è stato ucciso, proprio con la digitossina. Essendo la principale indiziata, scappa. Ma chi ha ucciso quest'uomo e soprattutto perché si vuole spingere la polizia a sospettare di Mara?